Dicembre è sempre un mese di feste. Tempo di regali, di cene — tante — di stravizi, ma anche tempo di spese. Tutto molto bello, se non fosse che il contesto storico certamente non aiuta: l’Italia, purtroppo, si trova a giocare il ruolo di capofila tra le nazioni europee con il più alto innalzamento dei prezzi. Dal gas al petrolio, passando inevitabilmente per una delle fette di mercato più importanti per il nostro Paese: l’enogastronomia.
Insomma, da diversi mesi ormai, il tamtam delle chiacchiere più ascoltato riguarda un caro prezzi che, al momento, sembra incontrollabile. Un problema che coinvolge tutti i settori, nessuno escluso e senza colpo ferire, ma sarebbe riduttivo e poco corretto pensare che alla base di tutto ci sia soltanto una mera speculazione.
La realtà è che ormai da qualche anno in Europa c’è una netta riduzione del numero di allevamenti di bovini da carne e, di conseguenza, nel numero dei capi bovini allevati. Le cause sono notevoli: gli alti costi di produzione dovuti, principalmente, all’aumento del costo dell’energia e delle materie prime, ad una politica europea sempre più indirizzata al green deal ma dimenticando il ruolo fondamentale ambientale e sociale svolto dalla zootecnia e dall’agricoltura nei nostri territori.
A questo si aggiunga che, da sempre, l’Italia è fortemente deficitaria nella produzione del bovino da carne per cui è costretta ad importare dagli altri paesi europei (Francia in primis) direttamente carne o vitelli da ingrassare in stalle d’ingrasso soprattutto del nord-Italia.
Tutto ciò (mantenimento della domanda e diminuzione dell’offerta) determina necessariamente un aumento del prezzo sul mercato. Questo aumento, però, interessa tutta la filiera produttiva: dall’allevatore alla distribuzione finale.
Per le nostre razze e per le nostre piccole produzioni locali e territoriali, la situazione non è sicuramente più serena.
L’aumento dei costi di produzione si fa sentire in maniera ancora più pesante nelle aziende di piccole dimensioni, spesso dislocate in aree difficile e marginali del nostro centro Italia, dove anche le problematiche logistiche e dei servizi rendono ancora più diseconomica e insostenibile la realtà dei nostri piccoli allevamenti; allevare costa, soprattutto quando si scelgono modelli che mettono al centro la cura degli animali, la sostenibilità e la qualità del prodotto finale.
La costante diminuzione del numero delle aziende e dei capi allevati, anche nei nostri territori rappresenta una problematica reale e difficile da interrompere.
A dimostrazione di ciò, nelle scorse settimane il Consorzio del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP ha pubblicato un interessante articolo, riportando il bilancio a novembre 2025 sugli andamenti e sulle consistenze della carne: una panoramica utile per comprendere come si stia evolvendo il mercato del Vitellone Bianco. https://www.vitellonebianco.it/andamenti-e-consistenze-il-bilancio-del-vitellone-bianco-dellappennino-centrale-igp/
Questo problema, però, non può essere affrontato in solitaria. Non si sradica da soli, ma deve essere il frutto di politiche attive e coordinate, sia a livello nazionale sia a livello europeo. Da soli non ci si salva: serve collaborazione, ma soprattutto una progettazione di ampio respiro, capace di guardare lontano e di agire nel lungo periodo.
Anche come consumatori, però, abbiamo delle responsabilità:
- scegliere consapevolmente: vuol dire conoscere ed informarsi su cosa stiamo comprando, sulla sua provenienza, sulle sue caratteristiche;
- utilizzare prodotti del territorio (possibilmente DOP e IGP): permette di valorizzare, tutelare e sostenere i piccoli produttori locali e, di conseguenza, il territorio stesso;
- non cedere alle mode del momento spesso determinate esclusivamente da strategie commerciali (es. carne grassa, carne iper-frollata, carne di scottona, ecc…).
L’enogastronomia in Italia non è soltanto un settore economico, ma l’essenza stessa del nostro essere. Lo dimostra anche il recente inserimento della cucina italiana nel Patrimonio UNESCO. Affinché la cucina italiana continui a essere cultura, identità e valore, è necessario costruire una struttura concreta e basi solide in grado di sostenere l’intera filiera produttiva, dall’allevamento fino alla tavola.








