Per poter essere certificata con il marchio Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, la carne deve provenire da bovini, maschi e femmine, iscritti al Libro Genealogico Nazionale delle razze Chianina, Marchigiana e Romagnola; è solamente l’iscrizione al Libro Genealogico che permette ad un bovino di essere definito con il termine di RAZZA.

La razza Chianina

Tra le razze bovine tutelate dal Consorzio la Chianina è forse quella che gode oggi di un’immagine più nobile ed affermata grazie anche alla fama che si è saputa conquistare con il mito gastronomico della “fiorentina”.

Derivato secondo alcuni dal Bos Primigenius (quello raffigurato nei graffiti delle caverne preistoriche) di cui conserva ancora tracce dell’antica “groppa”, il bove chianino era molto apprezzato già dagli Etruschi e dai Romani che per il suo candido manto lo usavano nei cortei trionfali e per i sacrifici alle divinità (come troviamo descritti dai georgici e dai poeti latini e raffigurato in bronzetti e bassorilievi romani tra cui quello celebre dell’Arco di Tito nel Foro imperiale).
La Chianina, riconoscibile dal manto bianco-porcellana, dalla pigmentazione del musello e della lingua, dalla testa leggera ed elegante con corna brevi, dal tronco lungo e cilindrico con dorso e lombi larghi e dagli arti più lunghi che nelle altre razze, è il bovino più grande del mondo (il record assoluto di un bovino è detenuto dal notissimo “Donetto” un toro chianino che all’età di 8 anni raggiunse i 1.750 kg!).

Dopo 22 secoli di allevamento nella media valle del Tevere e della Val di Chiana, la razza Chianina è diffusa oggi nelle colline e pianure comprese tra Arezzo, Siena, Pisa, Perugia e Rieti.
Nel secondo dopoguerra, grazie alla grande facilità di adattamento ad ambienti diversi, la Chianina è diventata una razza “cosmopolita”, varcando i confini nazionali per raggiungere l’Asia, la Cina, la Russia, l’Australia e le due Americhe. Utilizzata un tempo soprattutto per il lavoro nelle campagne, la Chianina è considerata oggi uno dei più pregiati produttori di carne nel mondo.

La razza Marchigiana

Ricoperto da un pelo corto, bianco e liscio, con sfumature grigie sulle spalle, l’avambraccio e le occhiature, il bovino Marchigiano si riconosce per la cute pigmentata, la testa possente ma leggera, il collo corto, gibboso nei maschi, con giogaia ridotta e lo sviluppo armonico delle varie regioni somatiche.

La storia della razza Marchigiana, come la conosciamo oggi, inizia in realtà verso la metà del XIX secolo quando gli allevatori marchigiani incrociarono il bovino podolico autoctono (derivato dal “Bovino dalle grandi corna” giunto in Italia nel VI secolo d.C.) con tori chianini per ottenere una razza con maggior attitudine al lavoro e alla produzione di carne.
L’effetto di questo incrocio fu una trasformazione evidente del bovino: miglior sviluppo muscolare, mantello più chiaro, corna più corte e testa più leggera. Dopo un ulteriore incrocio con la razza Romagnola agli inizi del XX secolo, per abbassare la statura e rendere la razza adatta al lavoro dei campi, la Marchigiana assunse i caratteri attuali. Ottima produttrice di carne, sia in termini di resa al macello che di qualità delle carni (leggermente rosate e con grana fine), la Marchigiana viene oggi allevata in tutta l’Italia centrale, con punte di diffusione in Campania, Sicilia e all’estero (soprattutto Canada, USA e America Latina).

L’ottima capacità di adattamento ne fa un bovino ideale per il pascolo in terreni difficili, e quindi un veicolo di recupero e valorizzazione economica dei cosiddetti “terreni marginali”.

La razza Romagnola

La storia della razza Romagnola vanta origini antichissime se, come ormai sembra accertato, deriva dal Bos Taurus Macrocerus (Uro dalle grandi corna) un bovino originario delle grandi steppe dell’Europa Centro-Orientale da cui sarebbero derivate diverse razze simili per costituzione, tipo, mantello, forma della testa e degli arti. L’arrivo in Italia dei bovini antenati della attuale Romagnola è databile intorno al IV secolo d.C. con l’invasione dei Longobardi guidati da Agilulfo.
Lo stabilirsi nelle regioni della Romagna delle popolazioni al seguito dell’esercito e l’adattamento all’ambiente italico dei bovini portati dai Longobardi, condusse al bovino Romagnolo che conosciamo oggi, il cui allevamento è diffuso nelle province di Forlì, Bologna, Cesena, Rimini, Ravenna e Pesaro.
Riconoscibile dal mantello grigio-chiaro tendente al bianco, particolarmente nelle femmine, con sfumature grigie in diverse regioni del corpo, il bovino Romagnolo può vantare un notevole sviluppo muscolare, un’ottima conformazione del bacino ed una spiccata robustezza degli arti.Il successo genetico internazionale come riproduttore, dovuto alla notevole precocità di crescita, ha portato il bovino Romagnolo in tutto il mondo Canada, Inghilterra, Scozia, Australia e Nuova Zelanda. È considerato il bovino più resistente al clima tra le razze bianche: la sua adattabilità a terreni difficili lo rende un ottimo animale da pascolo.
La moderna opera di selezione ha migliorato l’attitudine alla produzione di carne tanto in termini di resa al macello che di qualità del prodotto.